Responsabilità professionale per un’errata consulenza


Secondo una recente ordinanza della Cassazione, il commercialista è tenuto a risarcire il cliente, qualora non abbia prospettato tutte le soluzioni possibili per risolvere il problema sottoposto.
I consulenti sanno bene che basta un nonnulla, una mera dimenticanza di una risoluzione, una circolare esplicativa, il messaggio di un ente previdenziale, una sentenza (in modo particolare se emanata dalla Cassazione), per vanificare il lavoro fatto, talvolta di giorni, dedicandosi all'esame della documentazione, allo studio della normativa e della giurisprudenza pertinente, per la tutela e la difesa della posizione del cliente. Al di là del potenziale errore umano, questa situazione è tanto più probabile in una fase come quella attuale, con il proliferare di normativa e documenti di prassi di ogni tipo. Occorre evidenziare che, nell'ambito dei rapporti di consulenza, quando l'oggetto della prestazione è un'obbligazione di mezzi, il professionista deve adempiere al proprio incarico con la “diligenza del buon padre di famiglia” dal punto di vista etico e professionale.
Diverso è il caso in cui il consulente si accolli obbligazioni di risultato, disciplinate dall'art. 1218 C.C. In queste ipotesi, soprattutto se la prestazione riguarda problemi particolarmente complessi, il professionista potrà richiamare la limitazione della responsabilità, secondo l'art. 2236 C.C.: tale norma prevede che il consulente risponda di danni, solamente nei casi di dolo e colpa grave. Nelle obbligazioni di mezzi, l'onere della prova dell'inadempimento grava sul cliente, tenuto a dimostrare che la prestazione resa dal professionista non è stata fornita secondo i canoni della diligenza del buon padre di famiglia, previsti dall'art. 1176 C.C.; di contro, nelle obbligazioni di risultato è il professionista che dovrà dimostrare che il risultato stabilito di comune accordo con il cliente, non è stato raggiunto per causa a lui non imputabile.
Con una recente ordinanza (n. 14387/2019) la Cassazione si è pronunciata in merito a una causa civile avviata da un socio lavoratore, intenzionato a uscire dalla società; il commercialista cui si era rivolto per una consulenza, aveva prospettato la soluzione del recesso dalla società, quantificando il carico fiscale conseguente di circa 85.000 Euro. Terminata la procedura, il professionista ha informato il cliente dell'entità dell'importo da pagare a titolo di imposte, pari a 117.000 Euro. Secondo la Cassazione, la differenza notevole tra l'importo prospettato in un primo tempo al cliente (85.000 euro) e l'importo da pagare effettivamente (117.000 euro) non poteva che essere frutto di un errore commesso dal commercialista, indipendentemente dal fatto di essersi limitato a proporre al cliente come unica soluzione il recesso dalla società, senza illustrare l'alternativa della cessione della quota ai soci restanti. Come se non bastasse, successivamente il cliente ha ricevuto un accertamento per l'importo complessivo di ben 190.000 Euro.
La pronuncia della Cassazione è inequivocabile e inopinabile: “il commercialista, quale che sia l'oggetto specifico della sua prestazione, ha l'obbligo di completa informazione del cliente, e dunque ha l'obbligo di prospettargli sia le soluzioni praticabili che, tra quelle dal cliente eventualmente desiderate, anche quelle non praticabili o non convenienti, così da porlo nelle condizioni di scegliere secondo il migliore interesse”.
Come facilmente desumibile, è impensabile riuscire a cogliere ogni aspetto di qualunque problema da risolvere, prospettato dal cliente. Ne consegue che sarebbe opportuno avvalersi di un bravo avvocato specializzato in materia contrattualistica per fargli esaminare gli incarichi professionali sottoscritti con i clienti, eventualmente da integrare prevedendo una limitazione delle responsabilità professionali, dove possibile; è consigliabile anche predisporre un modello standard per gli incarichi professionali, definendo un congruo spazio per la descrizione dell'incarico conferito e accettato, comprese le opportune esclusioni (manleve) da responsabilità del professionista.



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