Equilibrio tra nuovi saperi e base umanistica

Una buona notizia c’è: quattro università italiane sono state riconosciute tra le migliori al mondo. Ognuna per aree specifiche, ma sono lì a testimoniare un patrimonio di eccellenza.Mi ha sempre stupito, però, la fantasia con la quale si sono definiti i corsi universitari di più recente impostazione. Sono percorsi sempre più a cavallo di discipline […]

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Una buona notizia c’è: quattro università italiane sono state riconosciute tra le migliori al mondo. Ognuna per aree specifiche, ma sono lì a testimoniare un patrimonio di eccellenza.Mi ha sempre stupito, però, la fantasia con la quale si sono definiti i corsi universitari di più recente impostazione. Sono percorsi sempre più a cavallo di discipline tradizionali e materie nuove che si mescolano a definire profili di professionalità a volte difficili da decifrare.
Mi sono chiesto se, poi, tutte queste figure abbiano veramente corrispondenza con la richiesta del mercato del lavoro. Un mercato che richiede competenze sempre nuove, come è naturale, ma che si innestano su basi professionali riconosciute. Tutte le professioni sono giustamente sollecitate da innovazioni tecnologiche, legislative, metodologiche accelerate che riguardano i prodotti e i processi; tuttavia, c’è una base di solidità da preservare, così come esiste una base tecnica di fondo che informa la progettazione e le tecniche di produzione. L’innesto di conoscenze nuove su una base solida mi sembra alla fine una prospettiva più efficace.
Forse non è così evidente questa bulimia universitaria di nuove etichette nelle scuole superiori, dove esistono valide e doverose sperimentazioni sul nuovo, ma dove sono più efficacemente innestate su un nucleo di saperi fondativi.