Distribuzione utili 2021: aspetti civilistici e fiscali


Una guida all’adempimento deliberato dall’assemblea, con particolari riferimenti alle cause di esclusione e alla tassazione.
Ai sensi dell'art. 2433 C.C, la distribuzione dell'utile ai soci deve essere deliberata dall'assemblea che approva il bilancio d'esercizio. Oltre alla distribuzione dell'utile dell'esercizio, è possibile ripartire anche gli utili di precedenti esercizi riportati a nuovo, nonché le riserve di utili disponibili.
Al fine di tutelare il patrimonio societario e garantire i creditori della società, non possono essere distribuiti utili se si verifica una perdita del capitale sociale, fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente. Nel nostro caso, vista la deroga alla copertura delle perdite dettata dalla normativa Covid-19, l'organo amministrativo dovrà adottare un comportamento prudenziale in caso di una distribuzione nel corso dell'anno 2021 di utili prodotti in anni precedenti, ma con una perdita nel periodo d'imposta 2020. Anche l'utilizzo delle riserve da rivalutazione, se non reintegrate, preclude la distribuzione.
Inoltre, non si può dar luogo alla ripartizione degli utili se nell'attivo dello stato patrimoniale della società sono iscritte immobilizzazioni immateriali, quali i costi di impianto e di ampliamento o i costi di ricerca e sviluppo, non coperte da riserve disponibili.

Per quanto concerne la distribuzione delle riserve, sia di utili che di capitali, è deliberata dall'assemblea dei soci, la quale può liberamente porre un limite alla distribuzione e ha facoltà di scegliere quale riserva distribuire per prima. La società deve sempre attenersi all'OIC 28 che precisa quando le riserve sono distribuibili o non distribuibili. In ogni caso, occorre verificare che la riserva legale sia prima accantonata nella misura del 5% degli utili netti annuali fino al raggiungimento del 20% del capitale sociale. Nelle Srl semplificata (quindi con capitale inferiore a 10.000 euro) gli utili non possono essere distribuiti ai soci fino a quando non si raggiunge un patrimonio sociale di almeno 10.000 euro (art. 2463, c. 4 C.C.).

Sotto l'aspetto fiscale, la L. 205/2017 ha modificato la disciplina relativa alla tassazione dei dividendi percepiti dalle persone fisiche non in regime di impresa, equiparandolo a quello previsto per partecipazioni qualificate e non qualificate. Ne consegue che, dal 2018, sui dividendi distribuiti a partire dal 2019 e percepiti da persone fisiche non in regime di impresa, viene applicata un'aliquota secca al 26%. Il beneficiario-contribuente persona fisica non dovrà riportare nulla nella sua dichiarazione dei redditi, poiché in questo caso è la società stessa che effettua e versa la ritenuta d'acconto. La società sarà tuttavia obbligata alla presentazione della Cupe (art. 4, cc. 6-ter e 6-quater D.P.R. 322/1998) e del relativo modello 770.
Per le società di persone e le persone fisiche operanti in regime di impresa (ditte individuali), la tassazione è invece progressiva, calcolata su una base imponibile del 58,14%. Su tale base imponibile si applicheranno le aliquote Irpef ordinarie.
Per le società di capitali, invece la base imponibile è pari al 5%. La nuova normativa prevede un regime di passaggio o transitorio; “per le distribuzioni di utili deliberate dal 1.01.2018 al 31.12.2022 si applicano le regole precedenti”. Ciò comporta che per gli utili maturati sino all'esercizio 2017 si dovrà applicare la tassazione progressiva Irpef sul 40% dei dividendi distribuiti ai soci detentori di partecipazioni qualificate sino al 31.12.2007, tassazione progressiva Irpef sul 49,72% dei dividendi distribuiti ai soci detentori di partecipazioni qualificate sino al 31.12.2016, tassazione progressiva Irpef sul 58,14% dei dividendi distribuiti ai soci detentori di partecipazioni qualificate sino al 31.12.2017. A partire dal 2018, invece, si applica la ritenuta a titolo di imposta pari al 26% ai soci titolari di partecipazioni qualificate e non qualificate.

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