Verifiche antiriciclaggio su dichiarativi semplificati e forfetari


La documentazione consegnata dal cliente in regime di contabilità semplificata o in regime forfetario potrebbe non consentire al commercialista di avere contezza delle modalità con cui sono avvenute le transazioni finanziarie.
Limitazioni all’uso del contante – L'art. 49, c. 1, D. Lgs. 231/2007, così come modificato dal D. Lgs. 25.05.2017, n. 90, individua la limitazione dell’uso del denaro contante e dei titoli al portatore nelle transazioni finanziarie.
La disposizione impedisce il trasferimento tra soggetti diversi (persone fisiche o giuridiche) a qualsiasi titolo, di denaro contante, di libretti di deposito bancari o postali al portatore, di titoli al portatore, in valuta nazionale o in valuta estera, qualora il valore dell’operazione, anche frazionata, dovesse risultare complessivamente pari o superiore a € 2.000,00. I trasferimenti che eccedono il suddetto limite vanno eseguiti tramite intermediari abilitati (banche, Poste, ecc.).

Obblighi di comunicazione delle infrazioni – L’art. 51, D. Lgs. 231/2007, impone ai destinatari della normativa antiriciclaggio l’obbligo di comunicare al Ministero dell’Economia e delle Finanze le violazioni degli obblighi previsti dall’art. 49, compresa la limitazione dell’uso del contante di cui al comma 1, che riguarda espressamente i professionisti.
Tra i destinatari della normativa antiriciclaggio sono compresi i commercialisti che, secondo l’art. 51 del citato decreto “in relazione ai loro compiti di servizio e nei limiti delle loro attribuzioni e attività, hanno notizia di infrazioni alle disposizioni … ne riferiscono entro 30 giorni al ministero dell’Economia e delle finanze per la contestazione”.
Con chiarimento formalizzato tramite lettera del 23.06.2003, il Dipartimento del Tesoro ha precisato che sussiste sempre l’obbligo di comunicazione in assenza di idonea attestazione esibita dall’esecutore materiale dell’operazione finanziaria.

Un caso pratico – Supponiamo che un commercialista venga incaricato da un contribuente in regime forfetario di predisporre la dichiarazione dei redditi, modello Redditi, per l’anno 2021.
Se il cliente ha emesso le fatture in formato elettronico, il commercialista provvederà ad acquisire dal cassetto fiscale copia dei documenti trasmessi. Se, invece, il cliente ha certificato le prestazioni o le cessioni attraverso la fattura cartacea, il consulente avrà cura di farsi consegnare copia delle medesime.
Immaginiamo che il cliente abbia indicato all’interno dei documenti contabili rilasciati al committente le modalità di pagamento delle prestazioni o della cessioni effettuate.
A questo punto, ci si chiede se gli elementi conoscitivi in possesso del soggetto obbligato alla segnalazione al momento dell’esecuzione della prestazione, in sostanza la copia delle fatture emesse dove sono esposte le modalità di pagamento delle prestazioni o delle cessioni, costituisca idonea documentazione, oppure se il professionista sia tenuto a svolgere ulteriori attività di verifica sulle modalità di regolamentazione finanziaria dell’operazione.
In altri termini, se il compito del professionista è quello di constatare se l’operazione di cui ha avuto notizia ha integrato, o meno, fattispecie di segnalazione al MEF, si dovrebbe acquisire copia della prima nota o degli estratti conto bancari che consentono di verificare la rispondenza delle modalità di pagamento descritte in fattura ed eventualmente la violazione dell’uso del contante.

In definitiva l’interpretazione resa nota dal Dipartimento del Tesoro con lettera 23.06.2003, sembrerebbe imporre al professionista di acquisire comunque “idonea documentazione” riferita all’operazione finanziaria, nonostante esuli dalle sue attribuzioni considerato che il regime forfetario non prevede obblighi contabili.
La documentazione consegnata dal cliente in regime di contabilità semplificata o in regime forfetario potrebbe non consentire al commercialista di avere contezza delle modalità con cui sono avvenute le transazioni finanziarie.