I diritti del lavoratore che assiste un familiare disabile


La Legge 5.02.1992 n. 104, meglio nota semplicemente come Legge 104, disciplina le agevolazioni a favore dei lavoratori che hanno necessità di assistere un familiare affetto da grave disabilità.

I destinatari della legge ed i suoi benefici
I destinatari della legge devono necessariamente essere lavoratori di tipo subordinato, mentre restano esclusi autonomi, parasubordinati, lavoranti a domicilio, agricoli a tempo determinato e addetti ai lavori domestici e familiari.
Il principale vantaggio della legge in questione consiste nella concessione di un congedo straordinario della durata massima di 2 anni, durante il quale si ha diritto ad una indennità pari all’ultima retribuzione mensile percepita.
Sono inoltre previsti dei permessi retribuiti da fruire alternativamente in una delle seguenti modalità: o 2 ore giornaliere o 3 giorni al mese che possono essere goduti per intero o frazionati in ore. In quest’ultimo caso, per calcolare l’esatto ammontare delle ore previste, è necessario prendere in considerazione l’orario medio di lavoro, dividerlo per i giorni settimanali e moltiplicarlo per 3.
Supponiamo, ad esempio, che l’interessato debba osservare 35 ore settimanali distribuite su 5 giorni, il risultato finale sarà pari a 21 ore da fruire nel mese (35 : 5 x 3).

Condizioni richieste
Quanto ai parenti ammessi al beneficio, vanno sicuramente annoverati: i genitori, siano essi naturali, adottivi o affidatari; il/la coniuge cui, secondo l’INPS, vanno assimilati i/le partner di un’unione civile e i/le conviventi di fatto; parenti ed affini entro il 3° grado.
Gli aventi diritto devono presentare una domanda sotto forma di autocertificazione che documenti le condizioni di salute della persona a cui si vuole prestare assistenza.
Nel settore privato la valutazione viene fatta dall’INPS previo controllo medico, in quello pubblico, invece, sarà il Dirigente dell’Amministrazione investita.
Le condizioni fondamentali per il godimento di tale beneficio sono l’assenza di ricovero del disabile in una struttura specializzata e la sistematicità e adeguatezza dell’assistenza, non rilevando, a tal fine, il regime di convivenza per chi assiste (circ. INPS n. 90/2007).

Limiti ed estensione del diritto all’assistenza
L’estrema genericità di queste condizioni, unita alle intrinseche modalità di utilizzo, ha fatto sì che, nel tempo, l’esercizio dei diritti legati alla Legge 104 si sia prestato a numerosi abusi, non essendo ben chiaro in cosa potesse consistere l’assistenza al congiunto disabile durante la fruizione dei permessi.
La giurisprudenza in materia ha tradizionalmente escluso quelle attività non strettamente legate alla cura della persona, come ad esempio il disbrigo di faccende quotidiane (stirare, lavare, fare la spesa) che potrebbero essere tranquillamente svolte al di fuori dell’orario di lavoro.
Tuttavia, di recente, si è assistito ad un cambio di direzione (Cass. Ord. n. 23891 del 2.10.2018), nel senso che la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore che aveva utilizzato i permessi ex Legge 104 per effettuare delle commissioni nell’interesse del proprio congiunto disabile, dal momento che quest’ultimo non era in grado di compierle autonomamente. Il principio di fondo applicato è che l’assenza dal lavoro deve porsi in relazione diretta con l’assistenza al congiunto bisognoso, la quale può essere prestata nelle forme più disparate, come per l’appunto lo svolgimento di incombenze amministrative, pratiche o di qualsiasi genere, purché nell’interesse del familiare assistito.
Tale orientamento si è ulteriormente consolidato grazie alla più recente ordinanza n. 23434 del 26.10.2020 con cui la Suprema Corte ha ammesso la possibilità, a favore di una lavoratrice, di utilizzare i permessi di cui alla Legge 104/1992 per frequentare un corso formativo sulla sindrome di Alzheimer, in quanto finalizzato ad un migliore accudimento del padre.
Solo se detti permessi vengono usati per fini diversi ed estranei agli interessi del parente disabile, hanno argomentato i Giudici di legittimità, può configurarsi un abuso del diritto in violazione dei principi di correttezza e buona fede contrattuale, rendendo così legittimo il licenziamento per giusta causa.
In tal senso, è stato evidenziato come l’utilizzo non conforme del beneficio in questione privi il datore di lavoro della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente, ed integri nei confronti dell’INPS uno sviamento dell’intervento assistenziale, nonché un’indebita percezione della relativa indennità.

La Legge 5.02.1992 n. 104, meglio nota semplicemente come Legge 104, disciplina le agevolazioni a favore dei lavoratori che hanno necessità di assistere un familiare affetto da grave disabilità.
I destinatari della legge ed i suoi beneficiI destinatari della legge devono necessariamente essere lavoratori di tipo subordinato, mentre restano esclusi autonomi, parasubordinati, lavoranti a domicilio, agricoli a tempo determinato e addetti ai lavori domestici e familiari.Il principale vantaggio della legge in questione consiste nella concessione di un congedo straordinario della durata massima di 2 anni, durante il quale si ha diritto ad una indennità pari all’ultima retribuzione mensile percepita.Sono inoltre previsti dei permessi retribuiti da fruire alternativamente in una delle seguenti modalità: o 2 ore giornaliere o 3 giorni al mese che possono essere goduti per intero o frazionati in ore. In quest’ultimo caso, per calcolare l’esatto ammontare delle ore previste, è necessario prendere in considerazione l’orario medio di lavoro, dividerlo per i giorni settimanali e moltiplicarlo per 3.Supponiamo, ad esempio, che l’interessato debba osservare 35 ore settimanali distribuite su 5 giorni, il risultato finale sarà pari a 21 ore da fruire nel mese (35 : 5 x 3).Condizioni richieste
Quanto ai parenti ammessi al beneficio, vanno sicuramente annoverati: i genitori, siano essi naturali, adottivi o affidatari; il/la coniuge cui, secondo l’INPS, vanno assimilati i/le partner di un’unione civile e i/le conviventi di fatto; parenti ed affini entro il 3° grado.
Gli aventi diritto devono presentare una domanda sotto forma di autocertificazione che documenti le condizioni di salute della persona a cui si vuole prestare assistenza.
Nel settore privato la valutazione viene fatta dall’INPS previo controllo medico, in quello pubblico, invece, sarà il Dirigente dell’Amministrazione investita.
Le condizioni fondamentali per il godimento di tale beneficio sono l’assenza di ricovero del disabile in una struttura specializzata e la sistematicità e adeguatezza dell’assistenza, non rilevando, a tal fine, il regime di convivenza per chi assiste (circ. INPS n. 90/2007).Limiti ed estensione del diritto all’assistenza
L’estrema genericità di queste condizioni, unita alle intrinseche modalità di utilizzo, ha fatto sì che, nel tempo, l’esercizio dei diritti legati alla Legge 104 si sia prestato a numerosi abusi, non essendo ben chiaro in cosa potesse consistere l’assistenza al congiunto disabile durante la fruizione dei permessi.
La giurisprudenza in materia ha tradizionalmente escluso quelle attività non strettamente legate alla cura della persona, come ad esempio il disbrigo di faccende quotidiane (stirare, lavare, fare la spesa) che potrebbero essere tranquillamente svolte al di fuori dell’orario di lavoro.
Tuttavia, di recente, si è assistito ad un cambio di direzione (Cass. Ord. n. 23891 del 2.10.2018), nel senso che la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore che aveva utilizzato i permessi ex Legge 104 per effettuare delle commissioni nell’interesse del proprio congiunto disabile, dal momento che quest’ultimo non era in grado di compierle autonomamente. Il principio di fondo applicato è che l’assenza dal lavoro deve porsi in relazione diretta con l’assistenza al congiunto bisognoso, la quale può essere prestata nelle forme più disparate, come per l’appunto lo svolgimento di incombenze amministrative, pratiche o di qualsiasi genere, purché nell’interesse del familiare assistito.
Tale orientamento si è ulteriormente consolidato grazie alla più recente ordinanza n. 23434 del 26.10.2020 con cui la Suprema Corte ha ammesso la possibilità, a favore di una lavoratrice, di utilizzare i permessi di cui alla Legge 104/1992 per frequentare un corso formativo sulla sindrome di Alzheimer, in quanto finalizzato ad un migliore accudimento del padre.
Solo se detti permessi vengono usati per fini diversi ed estranei agli interessi del parente disabile, hanno argomentato i Giudici di legittimità, può configurarsi un abuso del diritto in violazione dei principi di correttezza e buona fede contrattuale, rendendo così legittimo il licenziamento per giusta causa.
In tal senso, è stato evidenziato come l’utilizzo non conforme del beneficio in questione privi il datore di lavoro della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente, ed integri nei confronti dell’INPS uno sviamento dell’intervento assistenziale, nonché un’indebita percezione della relativa indennità.