Fiscalità dei fondi rischi “misti”
L’utilizzo dei fondi in parte dedotti e in parte tassati deve essere imputato prioritariamente alla quota dedotta. Secondo l’Agenzia, quindi, nel dubbio pro-Fisco.
Con la risposta 305/2022, l’Agenzia delle Entrate fa luce sul regime fiscale dei fondi rischi iscritti in bilancio a seguito di un’acquisizione di azienda ed esprime la propria opinione in relazione agli utilizzi dei fondi “misti”, ossia in parte dedotti e in parte tassati.
Ma andiamo con ordine. Gli accantonamenti ai fondi rischi, che esprimono passività incerte sia nello "an" che nel "quantum", non sono in genere deducibili e assumono, pertanto, la natura di fondi tassati. Sono, invece, fondi dedotti il TFR, il fondo svalutazione crediti (in parte) e gli altri fondi la cui deducibilità è prevista dal Tuir.
Tuttavia, bisogna considerare che la cessione di azienda è un’operazione che, nel suo complesso, è realizzativa. Per dirla con le parole dell’Agenzia, una cessione di azienda a titolo oneroso determina ordinariamente una "cesura" tra la posizione del dante causa (alienante) e quella dell'avente causa (acquirente).
Insomma, per farla breve, l’allocazione del prezzo pagato per l’acquisto di un’azienda comporta che tutti gli elementi iscritti siano fiscalmente rilevanti. Compresi i fondi rischi che, sebbene originariamente tassati, assumono così la natura di fondi dedotti.
I successivi accantonamenti, invece, sono soggetti alle ordinarie regole di (in)deducibilità. Pertanto, dopo breve tempo, nel bilancio dell’acquirente i fondi in questione risulteranno stratificati, ossia in parte dedotti ed in parte tassati.
Ecco, dunque, il dubbio del contribuente. Al momento dell’utilizzo del fondo, sia per fronteggiare la passività sia per esuberanza, in base a quale criterio ripartire tale utilizzo tra la parte tassata e quella dedotta? Il contribuente propone, in mancanza di elementi diretti per collegare gli utilizzi alla loro formazione, di adottare un criterio proporzionale.
L’Agenzia, però, non accetta tale approccio. Essa propende, invece, per l’uso di un criterio che comporti in via prioritaria e fino ad esaurimento l’imputazione degli utilizzi alla parte di fondo dedotta. Solo una volta esaurita tale parte, il contribuente potrebbe imputare gli utilizzi alla parte tassata. Questo metodo differisce l’effettuazione della variazione in diminuzione; pertanto, il metodo adottato dall’Agenzia fa emergere più velocemente la base imponibile.
L’Agenzia non spiega il perché del suo ragionamento, basandosi su un mero rinvio alla risoluzione n. 184/E/2007. In tale prassi, l’Agenzia aveva sostenuto l'esigenza di far concorrere sistematicamente alla formazione del reddito il fondo, considerato dedotto, fino al suo esaurimento.
Tale riferimento, invero, non è del tutto condivisibile sia perché il caso trattato dalla risoluzione 184 riguardava un fondo (badwill) interamente dedotto sia perché manca, comunque, un’argomentazione a supporto di una tesi pro-Fisco.
L’utilizzo dei fondi in parte dedotti e in parte tassati deve essere imputato prioritariamente alla quota dedotta. Secondo l’Agenzia, quindi, nel dubbio pro-Fisco.