Criptovalute e immobiliare: il token che permette di acquistare frazioni di immobili
Possedere un «tassello» di casa a Londra, Parigi e New York senza essere milionario. La «democratizzazione dell’accesso al mercato immobiliare è una tendenza in crescita da anni, grazie all’uso della tecnologia: Reits, crowdfunding. Cresce però anche la cosiddetta «tokenizzazione» del mercato nel Real Estate. A fare il punto della situazione è un report di Natixis.
Un token è simile alla quota azionaria di una società, come quelle che possiamo acquistare o vendere in Borsa, ma senza utilizzare intermediari. La differenza è che il token è digitalizzato, ha un valore proporzionale al bene cui è associato ed è facile da trasferire e conservare, il che consente di conferirgli grande versatilità di utilizzo.
Il token può così essere usato come un prestito, come azione di un’azienda costruttrice o come una proprietà a titolo definitivo di uno specifico bene. A renderlo sicuro è il fatto che è basato su tecnologia Blockchain.
Sul mercato esistono essenzialmente due tipi di token immobiliari. Col primo si diventa comproprietari di una parte del bene (il famoso appartamento a New York). Il secondo è un asset di debito che digitalizza l’affitto raccolto per una proprietà e automatizza il processo di raccolta e scambio.
I contratti intelligenti (smart contract) già consentono di “spacchettare” in token unità immobiliari, così da consentire di ottenerne i proventi da vendita o locazione in misura proporzionale alle quote detenute da ogni proprietario.
«Per quanto ne sappiamo – spiegano gli analisti di Natixis – non esiste un database completo e affidabile di tutte le transazioni di tokenizzazione immobiliare esistenti, ma stimiamo che i volumi totali fino a oggi potrebbero essere compresi tra 15 e 20 miliardi di dollari. Secondo LaSalle Investment Management, in cinque anni, il business potrebbe valere oltre 330 miliardi di dollari, con un Cagr dell’85% nel quinquennio».
Ma a che punto è la normativa? Neanche a dirlo, ogni Paese (pure in Europa) va in ordine sparso. E in Italia una disciplina ad hoc che rifletta una cultura trasversale tra legge, finanza e real estate ancora non c’è.
Nel settembre 2020 la Commissione Ue ha proposto di modificare la definizione di «strumenti finanziari» per tenere conto degli »strumenti emessi mediante una tecnologia di contabilità distribuita». È diventato più chiaro che i token di sicurezza possono essere qualificati come valori mobiliari quando sono liberamente «negoziabili sul mercato dei capitali» e sono dotati di «diritti di profitto» simili a quelli associati a titoli più convenzionali.
Tuttavia, è sempre responsabilità di ciascun Paese procedere alla classificazione vera e propria. In attesa di una più ampia armonizzazione delle regole, ciò continua a creare incertezza.
Gli emittenti di token di sicurezza che cercano di raccogliere capitali in uno stato membro della Ue dovranno rispettare il regolamento sul prospetto, che deve contenere le informazioni necessarie e rilevanti per un investitore per effettuare una valutazione informata.
Fonte: Redazione TFDC
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