Crediti a garanzia su mutui

Gli atti di cessione di crediti scontano l’imposta di registro in misura proporzionale anche se sono stipulati al fine di garantire la restituzione di un finanziamento soggetto a Iva. Questo principio è stato affermato dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 25620 del 31 agosto 2022.

Prima di esaminare nel merito la vicenda processuale, precisiamo che:

  • in base al combinato disposto degli articoli 2, 3 e 10 del testo unico sull’Iva (Dpr n. 633/1972) le cessioni di crediti in denaro sono, di regola, escluse dal campo di applicazioni dell’Iva. Per queste cessioni, l’imposta di registro sarà applicata in misura proporzionale, con l’aliquota dello 0,5% ai sensi dell’articolo 6 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico sull’imposta di registro (Dpr n. 131/1986). In via di eccezione, le cessioni di crediti rientrano in ambito Iva, sia pure in regime di esenzione, se costituiscono operazioni finanziarie effettuate dietro corrispettivo. In quest’ultimo caso, per effetto dell’articolo 40 del Tur, sarà applicata l’imposta di registro in misura fissa
  • l’articolo 6 della tariffa sopra citata prevede l’applicazione dell’imposta di registro, con l’aliquota dello 0,5% anche per le garanzie a favore di terzi, sempreché le stesse non siano richieste dalla legge.

L’operazione negoziale a seguito della quale si è pronunciata la Corte di cassazione con l’ordinanza in commento è costituita dai seguenti atti, stipulati in pari data:

  • atto di mutuo mediante il quale una Banca ha erogato un finanziamento in favore di un Consorzio. L’efficacia del mutuo era sospensivamente condizionata, tra l’altro, al rilascio di determinate garanzie da parte del Consorzio beneficiario del finanziamento stesso
    atto di cessione di crediti con il quale il Consorzio si impegnava a cedere alla Banca mutuante, determinati crediti, presenti e futuri. Questa cessione di crediti era effettuata con una specifica finalità di garanzia.
  • In sede di registrazione dei due atti, il notaio rogante ha versato l’imposta di registro, in misura fissa, sia per il finanziamento che per la cessione di crediti.
    A seguito del controllo dell’imposta autoliquidata dal notaio, l’ufficio territoriale, presso il quale erano stati registrati gli atti, ha inviato un avviso di liquidazione al notaio, ritenendo che l’atto di cessione di crediti dovesse scontare l’imposta di registro con l’aliquota dello 0,5% in virtù del citato articolo 6 della Tariffa allegata al Dpr n. 131/1986.

In sede contenziosa, sia la Ctp di Venezia che la Ctr del Veneto (sentenza n. 731/2019) hanno dato ragione al notaio, evidenziando lo stretto collegamento che sussisteva tra l’atto di finanziamento e l’atto di cessione dei crediti e la circostanza che la garanzia fosse stata prestata dal soggetto debitore e, quindi, doveva scontare l’imposta di registro in misura fissa.

In seguito al ricorso presentato dall’Agenzia delle entrate, i giudici della Corte di cassazione hanno ritenuto che la circostanza che il finanziamento fosse sottoposto alla condizione sospensiva della cessione dei crediti in garanzia, non escludeva che ciascuno dei due negozi mantenesse la propria causa. Da ciò scaturiva, secondo la stessa Corte, la necessità di tassare separatamente i due atti che “…pur essendo collegati, restano, comunque, distinti ed autonomi dando vita ad una fattispecie negoziale costituita da più cause di cui ciascuno realizza una parte”.
Il semplice collegamento negoziale sussistente tra il contratto di finanziamento e la cessione dei crediti in garanzia non giustifica, quindi, l’applicazione dell’imposta fissa anche in relazione alla cessione dei crediti.

Secondo la Corte, la cessione dei crediti è un negozio a causa variabile e la sua tassazione non può essere influenzata dalle intenzioni delle parti, vale a dire dallo scopo di garanzia attribuito dalle parti al negozio da loro stipulato.
Di conseguenza, l’atto di cessione di credito deve essere tassato con l’aliquota prevista per le cessioni di crediti (0,5%) a prescindere dal fatto che la cessione del credito sia posta in essere dal debitore al fine di garantire l’adempimento di una propria obbligazione.
È stato, quindi, ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle entrate in relazione all’atto di cessione dei crediti.

In senso conforme a quanto deciso dalla Corte di cassazione, l’amministrazione finanziaria si era già pronunciata con la risoluzione n. 272/2008, affermando, in relazione all’articolo 6 della tariffa parte prima allegata al Tur, che “…la predetta disposizione va interpretata nel senso che si applica l’imposta di registro nella misura proporzionale dello 0,50 in presenza delle seguenti fattispecie:

  • cessioni di crediti
  • compensazioni e remissioni di debiti
  • quietanze, tranne quelle rilasciate mediante scrittura privata non autenticata
  • garanzie reali e personali a favore di terzi, se non richieste dalla legge.

Nel citato contesto normativo, la cessione di crediti rileva autonomamente, poiché si tratta di un contratto tipico dotato di una propria causa giuridica. Non appare condivisibile, pertanto, la soluzione prospettata tesa a subordinare l’applicazione dell’imposta di registro ai motivi sottesi alla stipula di un contratto di cessione di crediti”.

Fonte: Redazione TFDC

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