Come opporsi alla diffida accertativa


Le 2 opzioni offerte alla parte datoriale contro uno strumento sempre più incisivo.
La diffida accertativa (art. 12 D.Lgs. 124/2004) sta sempre più divenendo lo strumento preferito dai lavoratori per far valere un credito insoluto.
Grazie alle modifiche introdotte dalla L. 120/2020, sono stati ampliati i poteri di accertamento tecnico dell'ispettore procedente il quale può agire direttamente e autonomamente, cioè senza aspettare la convalida del dirigente di sede territoriale, e soprattutto, può esercitare il potere di diffida anche “nei confronti dei soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro”. Ciò vuol dire, in buona sostanza, che potrebbe essere astrattamente chiamato in causa anche un committente che, magari, neppure conosce le posizioni e i rapporti lavorativi oggetto d'ispezione.
Avverso uno strumento così incisivo, la parte datoriale ha a disposizione 2 distinte facoltà, da far valere, in via alternativa, nel termine di 30 giorni.

La prima è costituita da un tentativo di conciliazione da instaurarsi con istanza rivolta all'Ispettorato Territoriale del Lavoro. In tal caso l'Ispettorato provvede nel più breve tempo possibile a convocare tutte le parti interessate (compreso l'eventuale coobbligato che non abbia presentato istanza), avendo cura di allegare un prospetto riepilogativo dei crediti accertati.
Al termine della procedura, in caso di mancato accordo, al lavoratore verrà rilasciata, oltre al verbale negativo, una copia della diffida accertativa che a quel punto avrà acquisito efficacia di titolo esecutivo.
Se, invece, la conciliazione riesce, l'esecutività del verbale sarà dichiarata con decreto del giudice competente, su istanza della parte interessata.

L'altra opzione posta a favore del destinatario/i della diffida è la presentazione di un ricorso amministrativo innanzi all'ITL competente, che ha 60 giorni di tempo per decidere.
In caso di accoglimento la decisione è comunicata sia al lavoratore che alla parte datoriale, per tale intendendosi anche il soggetto obbligato che non abbia presentato ricorso (es. socio amministratore, appaltante obbligato in solido, ecc.). Naturalmente la diffida accertativa non potrà più avere effetti nei confronti di nessuno dei soggetti obbligati, a meno che i motivi di doglianza non siano riferiti in via esclusiva ad una parte e, pertanto, la diffida conserverà efficacia verso il soggetto estraneo ai vizi denunciati nel ricorso.
Se invece il ricorso viene rigettato, l'Ispettorato provvederà a comunicare tale esito al ricorrente ed al lavoratore, evidenziando che la diffida accertativa ha acquistato il valore di titolo esecutivo da poter azionare nei confronti del primo.
Vi è anche l'ipotesi di un parziale accoglimento che comporterà inevitabilmente, da parte del personale ispettivo, l'emanazione di un successivo atto di rideterminazione del credito che sia conforme alla decisione.

Come sopra evidenziato, il legislatore ha previsto l'alternatività dei rimedi in oggetto, per cui la formalizzazione dell'uno esclude la percorribilità dell'altro.
Può tuttavia accadere che i soggetti obbligati siano 2 e uno attivi il tentativo di conciliazione, mentre l'altro il ricorso in via amministrativa. Le indicazioni dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (nota DC Giuridica n. 811/2020) sono quelle di dare priorità al primo, cercando in ogni caso di assicurare, per quanto possibile, il rispetto del termine di 60 giorni per la definizione di entrambi.

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