Aggravanti di pena per il consulente che concorre nella frode fiscale


L’aggravante per frode fiscale ex art. 13-bis, c. 3 D.Lgs. 74/2000 è diretta al consulente qualora questi elabori e commercializzi sistemi di frode fiscale.
In tema di reati fiscali, qualora il consulente (commercialista, avvocato, consulente d’impresa e simili) fornisca un apporto nell'ideazione o realizzazione della frode fiscale, risulta sicuramente assoggettabile a una peculiare aggravante che comporta un aumento di pena. A mente dell'art. 13-bis, c. 3, D.Lgs. 74/2000, le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II° D.Lgs. 74/2000, sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale svolta da un professionista, o da un intermediario finanziario o bancario, attraverso l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale.

Il legislatore ha inteso introdurre uno specifico inasprimento delle sanzioni penali (incrementate nella misura pari alla metà), normalmente previste per i reati in materia di imposte sui redditi e Iva, per la categoria dei soggetti genericamente indicati.
Il dettato letterale della norma non appare sicuramente impeccabile in termini di sufficiente determinatezza, ragion per cui possono originarsi (come accade nella prassi) degli equivoci, scaturenti da letture interpretative contrastanti.
L’intento che ci si prefigge è quello di delineare una seppur sommaria tipizzazione delle fattispecie che si possono ricomprendere nei dettami normativi in commento.
Sotto il profilo oggettivo, non sussistono dubbi, atteso l’espresso richiamo della norma citata alle fattispecie ricomprese nel Titolo II del D.Lgs. 74/2000. Sicuramente più complessa, appare la delimitazione del profilo soggettivo dell’aggravante.
Per la corretta definizione di tale aspetto, nella parte in cui si rimanda ai soggetti chiamati a rispondere a titolo di concorso, il testo normativo indica due figure : quella del “professionista” e “intermediario finanziario o bancario”. Mentre per la figura dell’intermediario non sembrano esserci equivoci di rilievo, ben altre conseguenze sono generate dalla genericità del termine “professionista”, nel cui alveo sono annoverabili molteplici figure soggettive.
Tuttavia, tenuto conto del settore normativo di cui ci si occupa, non pare sussistano dubbi sul fatto di ricomprendere in tale contesto soggettivo, tutte quelle figure professionali che normalmente svolgono attività di assistenza e consulenza tributaria, che di norma sono anche ricomprese nelle professioni cc.dd. protette, per cui è prevista la iscrizione in appositi albi (in primis: commercialisti ed esperti contabili, avvocati, ma anche giuristi d’impresa e tributaristi).

Un'ultima disamina attiene all’elemento soggettivo del reato, connotato da ulteriori peculiarità, nella parte in cui, per l’operatività dell’aggravante è richiesto un quid pluris, ossia che la condotta ricompresa nell’ambito della consulenza fiscale debba necessariamente tradursi in una elaborazione” o “commercializzazione” di “modelli di evasione fiscale”. In tale prospettiva, quindi, il professionista potrà essere chiamato a rispondere della compartecipazione nella frode fiscale, con applicazione dell'aggravante di cui si discorre, sempre che sia fornita prova che egli abbia agito con il chiaro intento di commettere l’illecito e anche con il preciso fine (elemento ulteriormente specializzante) di consentire a terzi l’evasione delle imposte dirette o dell’Iva.
L’aggravante per frode fiscale ex art. 13-bis, c. 3 D.Lgs. 74/2000 è diretta al consulente qualora questi elabori e commercializzi sistemi di frode fiscale.